Femminicidi: qualcosa deve cambiare

Cos’è un femminicidio? Per femminicidio si intende ogni forma di violenza esercitata sul sesso femminile a causa di una presunta superiorità maschile. Questo termine sta diventando sempre più comune nella comunicazione quotidiana, a causa della crescita degli atti di violenza contro il genere femminile.

Cosa si intende per “violenza sulle donne”? Non si intendono solo gli atti di violenza fisica e sessuale, ma anche atti di violenza verbale e psicologica, esercitando il desiderio di controllare la vittima e i suoi pensieri e la sua vita sociale.

Il femminicidio è un fenomeno risalente a tantissimi anni fa, anche se il termine è piuttosto recente. Per individuare le differenze tra presente e passato riguardo a questa forma di violenza, confrontiamo le esperienze di due donne vittime delle violenze maschili e appartenenti a due secoli diversi.

l’amore e la violenza

Tra i primi femminicidi documentati della storia troviamo quello della nobildonna Giulia Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, uccisa il 2 marzo 1911. Questa donna nacque nel lontano 1877 da una famiglia nobile di Palermo. La ragazza, appena raggiunta la maggiore età, sposò il conte Romualdo Trigona dei principi di Sant’Elia, con il quale ebbe due figlie. La stabilità del matrimonio fu compromessa negli anni successivi quando, nel 1909, la nobildonna incontrò il barone Vincenzo Paternò del Cugno, di due anni più giovane di lei. Con lui iniziò una relazione tormentata dal carattere violento e geloso del barone che procurò non pochi problemi alla nobildonna. Dopo che il marito della donna venne a scoprire della relazione segreta di sua moglie pensò al divorzio, cosa insolita all’epoca e che avrebbe rovinato la reputazione della sua famiglia. Proprio per evitare che questo accadesse, il marito decise di non divorziare. La situazione era comunque molto instabile e perfino la regina Elena di Savoia, con la quale Giulia aveva stretti contatti, volle provare a salvare il matrimonio facendo trasferire i coniugi e i loro figli a Roma. La nobildonna però non si fece dissuadere e alla fine decise, con il supporto legale dell’avvocato Serrao, di lasciare sia il marito che l’amante. L’amante non accettò questa decisione della donna e quindi organizzò, nel pomeriggio del 2 marzo 1911, un agguato contro Giulia Mastrogiovanni e la uccise a coltellate in una stanza dell’Hotel Rebecchino di Roma.

Tra i casi più recenti di femminicidio troviamo quello di Giulia Cecchettin, giovanissima studentessa universitaria della facoltà di Ingegneria a Padova. Lei si sarebbe dovuta laureare il 16 novembre 2023. Il suo ex fidanzato, Filippo Turetta, frequentava la stessa università, ma era indietro con gli esami. I due si erano conosciuti anni prima, tra una lezione e l’altra, e fra loro era nata una relazione sentimentale durata circa un anno che, però, si era conclusa il precedente mese di agosto. Turetta, tuttavia, non aveva accettato di buon grado la fine della loro storia d’amore.  Nonostante la rottura, i due erano rimasti in buoni rapporti e talvolta, da amici, si incontravano e uscivano
occasionalmente. Della giovane ragazza si sono perse le notizie l’11 novembre dopo un’uscita con l’ex fidanzato, evidentemente invidioso per tutto quello che Giulia stava realizzando. Dopo l’11 novembre entrambi i ragazzi sono scomparsi. Le ricerche sono durate qualche giorno. La sera dell’uscita, i ragazzi avevano attirato l’attenzione mentre litigavano nel parcheggio vicino casa di Giulia, dove la giovane vittima è stata poi aggredita e accoltellata. Il corpo della ragazza è stato trovato solo il 18 novembre sulle sponde del lago Barcis. Intorno alle 22.00 dello stesso giorno, Filippo Turetta è stato rintracciato ed arrestato in Germania.

Cosa possiamo dimostrare con questo confronto? Partiamo dalle ragioni dei due femminicidi: nel primo, quello di Giulia Mastrogiovanni, il suo amante la uccise perché non aveva accettato l’idea della loro rottura; se riflettiamo anche nel secondo femminicidio, quello di Giulia Cecchettin, il suo ex fidanzato l’ha uccisa per lo stesso motivo. Questa breve riflessione ci fa capire che nonostante le varie riforme a favore delle donne che ci sono state nel corso degli anni, la situazione è rimasta praticamente invariata: nonostante la concessione del diritto di voto, di libera espressione di pensiero, del diritto all’aborto, al lavoro, all’istruzione…, la condizione femminile non è cambiata. Questo ci fa riflettere sul fatto che probabilmente a cambiare non devono essere più le donne, che si sono sempre adattate alla loro condizione, bensì il pensiero dell’uomo. Ecco, proprio il pensiero dell’uomo, pensiero crudele, malsano, è quello che fa la differenza. Ognuno di noi si deve preoccupare di educare i propri figli con un pensiero di pace, di uguaglianza e fino a quando tutti noi, ultima generazione, non capiremo questo principio, per l’umanità non ci sarà un futuro felice, sereno e giusto.

Clara Torres 3A

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